martedì 24 novembre 2009

IL PAESE DEI BUGIARDI (G. Rodari)


C’era una volta, là dalle parti di Chissà, il paese dei bugiardi.
In quel paese nessuno diceva la verità, non chiamavano col suo nome nemmeno la cicoria:
la bugia era obbligatoria.
Quando spuntava il sole c’era subito uno pronto a dire: “Che bel tramonto!”
Di sera, se la luna faceva più chiaro di un faro,si lagnava la gente:
“Ohibò, che notte bruna,non si vede niente”. Se ridevi ti compativano:“
Poveraccio, peccato,che gli sarà mai capitato di male?”
Se piangevi: “Che tipo originale,sempre allegro, sempre in festa.
Deve avere i milioni in testa”.
Chiamavano acqua il vino,seggiola il tavolino e tutte le parole le rovesciavano per benino.
Fare diverso non era permesso,ma c’erano tanto abituati che si capivano lo stesso.
Un giorno in quel paese capitò un povero ometto che il codice dei bugiardi non l’aveva mai letto,
e senza tanti riguardi se ne andava intorno chiamando giorno il giorno e pera la pera,
e non diceva una parola che non fosse vera.
Dall’oggi al domani lo fecero pigliare dall’acchiappacani e chiudere al manicomio.
“E’ matto da legare:dice sempre la verità”.
“Ma no, ma via, ma và…”“Parola d’onore: è un caso interessante,
verranno da distante cinquecento e un professore per studiargli il cervello…”
La strana malattia fu descritta in trentatre puntate sulla – Gazzetta della bugia -.
Infine per contentare la curiosità popolare l’Uomo-che-diceva-la-verità
fu esposto a pagamento nel “giardino zoo-illogico”(anche quel nome avevano rovesciato…)
in una gabbia di cemento armato.Figurarsi la ressa. Ma questo non interessa.
Cosa più sbalorditiva, la malattia si rivelò infettiva, e un pò alla volta in tutta la città
si diffuse il bacillo della verità.
Dottori, poliziotti, autorità tentarono il possibile per frenare l’epidemia.
Macchè, niente da fare: dal più vecchio al più piccolino
la gente ormai diceva pane al pane, vino al vino, bianco al bianco, nero al nero:
liberò il prigioniero, lo elesse presidente, e chi non mi crede non ha capito niente.

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