martedì 24 luglio 2012

CONSULTAZIONE POPOLARE: UN MARE DI NO!


1034 votanti
955 No
69 Sì
5 bianche
5 nulle.

Un risultato strepitoso per i cittadini e il Comitato Dnt.

lunedì 16 luglio 2012

CONSULTAZIONE POPOLARE 22 LUGLIO 2012 ORE 8-22

ALCUNE NOTE ALLE PUNTUALIZZAZIONI DEL PROF. DR. ING. MAURIZIO MASI, INGEGNERE, PROFESSORE ORDINARIO DI CHIMICA FISICA APPLICATA DEL POLITECNICO DI MILANO, PRESIDE DELLA SCUOLA DI INGEGNERIA DEI PROCESSI INDUSTRIALI DEL POLITECNICO DI MILANO E CONSULENTE SCIENTIFICO DELL'ENI


a cura dell'ing. Piero Gozzi, carpignanese.

In un mondo che pensa all’uso delle energie rinnovabili è ancora necessario estrarre idrocarburi?

Secondo la Exxon Mobil, la maggiore compagnia petrolifera, i giacimenti petroliferi sono sufficienti, ai ritmi attuali, per la fornitura di petrolio fino al 2050.
Secondo la BP, le riserve di petrolio convenzionale saranno esaurite - al ritmo attuale, quindi senza tenere conto della continua crescita della domanda mondiale, che si colloca intorno al 2% annuo – nel 2040.
Secondo i geologi del King Hubbert Center e della Colorado School of Mines la produzione toccherà il suo picco in questo decennio con 85 milioni di.barili al giorno per poi scendere drammaticamente a 35 milioni nel 2020.
Altri studi di diversa matrice (in gran parte di economisti) sostengono che la tecnologia continuerà a rendere disponibili per l'industria idrocarburi a basso costo e che sulla Terra ci sono vaste riserve di petrolio "non convenzionale" quali le sabbie bituminose, gli scisti bituminosi consentiranno nel futuro l'uso del petrolio per un periodo di tempo ancora molto lungo.
Il dato certo è che le scoperte di nuovi giacimenti sono in calo dagli anni '60. In effetti, dal 1985 circa la quantità di petrolio consumato ogni anno è superiore a quella di nuovo petrolio scoperto, e il divario tra le due si allarga sempre più.
Probabilmente, quando le scorte del petrolio convenzionale (quello a buon mercato) finiranno, noi non ci saremo più: ma ci saranno i nostri figli e i nostri nipoti. Allora, pensando a loro, dovremmo chiederci: quando la produzione comincerà ad assottigliarsi? Perché l’ultimo barile di petrolio è molto più difficile da estrarre e più costoso del primo, quindi o diminuisce la domanda o salgono i prezzi, e come energia a basso costo, anche i combustibili fossili a breve non saranno più competitivi.
Certo le energie rinnovabili sono ancora molto costose, ma bisogna considerare che in realtà il prezzo delle energie rinnovabili è più alto anche perché integra in se l’efficienza ambientale, quel costo sociale cioè (l'inquinamento ambientale produce una diminuzione di benessere per gli agenti che involontariamente sono esposti ad esso e un costo sociale come ad esempio la bonifica a seguito dell’inquinamento di un sito) che dovrebbe essere aggiunto al costo dei combustibili fossili e che invece non viene considerato.
In tutti i casi, nei costi dell’energia ottenuta dai combustibili fossili, manca il computo dell’impatto ambientale della combustione, cioè il prezzo di questo tipo di energia è più basso del suo costo sociale. Noi crediamo che si debba sempre più investire in ricerca e sviluppo nel campo delle rinnovabili perché se veramente le previsioni più recenti si rivelassero valide ci troveremmo di fronte a una sostanziale scarsità di petrolio e combustibili fossili in assenza di alternative «mature» per sostituirli.
Quando siamo passati dal carbone al petrolio, non è stato perché il carbone era esaurito, ma perché si erano rese disponibili soluzioni tecnologiche piú pratiche e meno costose di quelle esistenti.

Investire in fonti rinnovabili ha un vantaggio rispetto ad investire in petrolio, non si esauriscono.

Il prof. Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, per esempio, la pensa come noi.
Per estrarre 80.000.000 di barili dal sottosuolo di Carpignano (quantità stimata da Eni) in dieci o venti anni (probabile durata del giacimento) si investiranno circa 30.000.000 di euro.
In Italia si consumano circa 1,4 milioni di barili al giorno, quindi il petrolio estratto dal nostro territorio basterà per ben 57 giorni! 1
Ne vale pena?

La zona scelta è a rischio esondazione del fiume Sesia?

Assolutamente si! Ed è anche vero che l’eventuale esondazione interesserebbe solo le apparecchiature fuori terra, tra cui per esempio, le vasche di raccolta dei fanghi di scavo esausti, poste al livello del piano di campagna.

Esiste un rischio di contaminazione delle falde acquifere superficiali?

Si, anche se la tecnologia di realizzazione del pozzo è consolidata.
Del resto anche il prof. Masi (che , tra gli altri suoi prestigiosi incarichi ha anche quello di consulente dell’Eni) dice che “quasi tutti i pozzi attraversano le falde senza contaminarle”.
Ed è proprio quel “quasi” che preoccupa: per fare solo un esempio, all’inizio di giugno 2011 nell’acquedotto di S.Croce Camerina (Ragusa) è stata riscontrata la presenza di inquinanti causati dalla infiltrazione in falda dei fanghi utilizzati nella trivellazione del Pozzo Tresauro, e per alcune settimane è stata sospesa l’erogazione di acqua potabile, con tutti i disagi che possiamo immaginare per la popolazione.
Vero che prima di iniziare la perforazione “si inseriscono dei tubi metallici di contenimento”, ma non è vero che questi “si estendono fino alle quote di sicurezza”. Il progetto Eni prevede l’infissione del pipe-conductor fino a 50 metri di profondità, mentre il nostro acquedotto pesca a 160 m e oltre: se la matematica non è un’opinione rimangono ben 110 metri scoperti!
Inoltre, le attuali tecnologie non garantiscono affatto dalla possibilità di inquinamento delle nostre falde profonde, attualmente non utilizzate, ma che sostituiscono la sola riserva d’acqua del Piemonte orientale per i prossimi 50 anni.

Durante la perforazione si usano fanghi “tossici”?

Si, per la lubrificazione delle trivelle si usano fluidi (i cosiddetti fanghi di perforazione) la cui esatta composizione è un segreto industriale, ma la cui tossicità è provata scientificamente.
Innanzi tutto, come ampiamente confermato dagli esperti non di parte, non esiste alcun fluido perforante costituito solo da polimeri biodegradabili, e nessuna opera antropica e’ mai ad impatto nullo, specie alla luce del fatto che la fase di esplorazione e di prima perforazione di un pozzo di idrocarburi e’ considerata la piu’ impattante dal punto di vista ambientale.
Inoltre, a oltre 4500 metri di profondità, l’efficacia dei fanghi a base di acqua e’ piuttosto limitata, e sarebbe del tutto plausibile supporre che i fanghi perforanti usati da Eni possano
essere a composizione chimica piu’ aggressiva, in particolar modo fanghi a base di gasolio e di oli minerali. Tale ipotesi è supportata dal fatto che a pag. 27 della Relazione Tecnica, è indicata la presenza di una vasca in c.a. per il contenimento dell’olio e del gasolio.
Anche nei fanghi a base d’acqua poi, è contenuta soda caustica con funzione di alcalinizzante dei fanghi stessi.
Inoltre, la trivellazione del sottosuolo - quale che sia il fluido usato per la perforazione - e’quasi sempre accompagnata dalla produzione di acqua mista a oli minerali e che contengono ulteriori inquinanti, fra cui alte concentrazioni di bario, berillio, cadmio, cromo, rame, ferro, piombo, nickel, argento e zinco, oltre che piccole quantita’ di materiale radioattivo, come gli isotopi 226 e 228 del radon.
Esistono molti documenti nella letteratura mondiale dove viene dimostrata la tossicita’ dei fluidi e delle acque perforanti anche sulle lunghe distanze dai punti di utilizzo.
Per esempio nell’invaso della diga del Pertusillo (Lucania), un immenso bacino di acqua potabile, sono stati trovati tracce di metalli e di idrocarburi nei sedimenti e alluminio, ferro,manganese e piombo ben oltre i limiti consentiti (6,4 milligrammi per litro di livelli di inquinanti di fronte allo 0,0001 milligrammi per litro permessi dalla legge), e guarda caso nella zona vi è una intensa attività estrattiva.
Che fine fanno i fanghi di lavorazione?
Dovrebbero essere smaltiti in discarica secondo la normativa vigente: dovrebbero! Ma non sempre è così. I rifiuti dovuti alle acque di scarto delle estrazioni e ai fluidi perforanti ammontano a 2 o tre migliaia di tonnellate l’anno per ogni pozzo e il loro smaltimento genera un costo non indifferente: per questo a volte si smaltiscono anche illegalmente, come ha fatto negli anni ‘90 la Total, riversandoli nei campi coltivati di Corleto Perticara.
Dagli USA all’Africa, dalla Norvegia al Messico è stato dimostrato che le estrazioni petrolifere inquinano, qui da noi si fa finta che tutto vada bene, lasciandoci distrarre da un informazione istituzionale che tende a coprire più che a svelare.
Esite un rischio sismico indotto?
Secondo il prof. Masi, eminenti geologi scongiurano tale pericolo.
Secondo i geologi dell’INGV (Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia) invece, «la presenza in Val d’Agri di infrastrutture legate all’attività di estrazione e raffinazione di idrocarburi, contribuisce ad accrescere il rischio sismico dell’area, che è già stata colpita da un terremoto distruttivo nel 1857». Nello studio si afferma che «numerosi terremoti locali e regionali sono stati registrati a partire da febbraio 2006. I sismogrammi evidenziano fenomeni d’amplificazione di ampiezza e durata del moto del suolo determinati dalla risonanza dei depositi quaternari alluvionali e lacustri del bacino, che poggiano su rocce carbonatiche»: lo stesso tipo di rocce indicato per il sottosuolo carpignanese.
Secondo il professor Leonardo Seeber, uno dei più noti sismologi mondiali, docente al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, le attività estrattive possono alterare lo stato meccanico della crosta terrestre in maniera sufficiente da triggerare 2 terremoti. I cambiamenti sono associati alle oscillazioni di pressione del fluido interstiziale presente nelle rocce serbatoio, dovuto alla rimozione/aggiunta di massa protratto nel tempo, che è una delle maniere più efficienti per diminuire la resistenza della roccia e portare a una sua rottura sotto lo sforzo naturale. In generale poi, l’estrazione di fluido — acqua, gas, petrolio — porta a subsidenze, che possono manifestarsi lentamente o subitaneamente. A sostegno di questa tesi, inoltre, vi è uno studio commissionato dal gruppo francese Chamberger ad alcuni geologi russi in campi di estrazione dell’Asia centrale: tale esperimento, in effetti, avrebbe provocato terremoti di magnitudo 6 e 7 in territori mai considerati sismici.

1 80 milioni [bar.]/ 1.4 milioni [bar/giorno] = 57 giorni!
2 Triggerare significa anticipare un terremoto che senza l’intervento umano sarebbe accaduto più tardi.